Qualità e sicurezza delle acque reflue: lavoriamo così
Secondo la legge italiana le acque utilizzate dall’uomo per usi personali e industriali devono essere depurate prima di essere rilasciate in natura: questo è essenziale per non immettere nel ciclo idrologico naturale sostanze dannose per la salute dell’uomo e degli altri esseri viventi. Ed è sempre la legge dello Stato Italiano ad obbligare il gestore del Servizio a controllare la qualità e la sicurezza delle acque uscite dai propri impianti di depurazione.
In particolare, come si osserva nella tabella seguente, il decreto legislativo 152 del 2006 stabilisce quali sono i parametri da analizzare e il valore-limite che, per ognuno di questi, non deve mai essere superato.
Le analisi – realizzate in parte da EmiliAmbiente nel suo laboratorio e in parte dall’Agenzia Regionale Prevenzione Ambiente Energia (ARPAE) – vengono svolte sia prima che dopo il trattamento di depurazione. Dal confronto tra le acque non ancora trattate e le stesse acque già depurate, cioè pronte per essere immesse nel corpo idrico recettore, gli specialisti di EmiliAmbiente sono infatti in grado di monitorare la capacità dell’impianto di abbattere le sostanze inquinanti presenti nelle acque in ingresso: in parole più semplici, il suo corretto funzionamento. Questo si misura in termini di percentuale di abbattimento.
Un esempio: se l’analisi delle acque in uscita dimostra che l’impianto ha abbattuto l’80% delle sostanze inquinanti presenti nelle acque in ingresso, il depuratore sta funzionando bene. Se al contrario questa percentuale scende al 20%, forse qualcosa non sta andando per il verso giusto!
E se la percentuale di abbattimento è alta (ad esempio dell’80%) ma i parametri analizzati nell’acqua in uscita superano comunque i limiti consentiti di legge? Questa situazione è indice che l’impianto, pur lavorando al massimo delle sue possibilità, è troppo debole per il compito che deve svolgere: in altre parole va potenziato per far fronte alle nuove esigenze dei cittadini che ne usufruiscono.
La legge stabilisce anche la frequenza dei controlli, che è direttamente proporzionale alle dimensioni dell’impianto: più grande è l’impianto, più spesso le sue acque vengono analizzate. Alla fine di ogni anno EmiliAmbiente deve stendere e comunicare ad ARPAE il proprio piano campionamenti, uno strumento pensato per tenere monitorato l’insieme degli impianti utilizzati in modo omogeneo nel tempo.
Per avere un’idea dell’impegno complessivo che questo comporta, basta pensare che durante i primi 6 mesi del 2017 nei 11 Comuni serviti da EmiliAmbiente sono stati controllati oltre 3.500 parametri.
Il tempo necessario per compiere l’analisi di laboratorio un parametro può variare da alcuni minuti a un’intera mattinata. Ma cosa succede nel caso di un risultato “negativo”? Se il valore anomalo riguarda l’acqua in uscita dal depuratore, cioè l’acqua che dovrebbe essere stata già trattata, il laboratorio di EmiliAmbiente trasmette immediatamente il dato ai responsabili del Servizio Depurazione dell’azienda, in modo che questi possano mettere in atto tutte le procedure del caso: può essere necessario sostituire o aggiustare una parte dell’impianto, oppure semplicemente “regolare” la quantità di ossigeno immessa nella vasca in cui avviene il trattamento ossidativo biologico.
Ma il problema può riguardare anche l’acqua in ingresso al depuratore: è il caso, ad esempio, dello scarico abusivo di gasolio, un composto che per legge dovrebbe essere smaltito come rifiuto e non versato in fognatura. Se le analisi dell’acqua non ancora trattata rivelano valori anomali, EmiliAmbiente deve immediatamente segnalare la situazione ad ARPAE e poi gestire il problema in modo da contenere i danni: nel caso di un versamento di gasolio, ad esempio, potrebbe rendersi necessario bypassare l’impianto (cioè scaricare l’acqua inquinata direttamente nel corpo idrico recettore, senza trattarla) per non distruggere la flora batterica che ne costituisce “il cuore”.